Ricordando Sven Nykvist. Conversazione con il figlio Carl-Gustaf Nykvist

Oggi ricorrre il centenario della nascita di Sven Nykvist ASC FCF (Moheda, 3 dicembre 1922 - Stoccolma, 20 settembre 2006), tra i più importanti e talentuosi cinematographers della storia del cinema: il suo iconico lavoro ha segnato la cinematografia del secolo scorso. Leggendario il suo sodalizio con Ingmar Bergman. Nykvist ha lavorato inoltre con Woody Allen, Roman Polański, Louis Malle, Andrej Tarkovskij, Bob Rafelson. Maestro della luce e delle ombre, perfettamente a suo agio sia con il bianco e nero sia con il colore, nel corso della sua carriera vinse due premi Oscar, per Sussurri e grida (1972) e Fanny and Alexander (1982). Da ricordare poi opere come La fontana della vergine (1960), Come in uno specchio (1961), Luci d'inverno (1963), Il silenzio (1963), Persona (1966), Scene da un matrimonio (1974), L'inquilino del terzo piano (1974), Il postino suona sempre due volte (1981), L'insostenibile leggerezza dell'essere (1988), Crimini e misfatti (1989).
Carl-Gustaf è suo figlio: dapprima cinematographer, ha diretto diverse opere, tra cui un documentario in onore di suo padre intitolato Light Keeps me Company (2000).

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 Vorrei ripercorrere con te alcune tappe della tua esperienza cinematografica. Al 42° Festival di Cannes hai presentato Le donne sul tetto (Kvinnorna på taket, 1989) con Amanda Ooms, Helena Bergström e Stellan Skarsgård, che rappresenta il tuo debutto cinematografico. Il film ha poi vinto il Premio per la migliore fotografia agli European Film Awards. Un film drammatico, perfetto esempio della tradizione espressiva del cinema scandinavo. Cosa puoi dirmi a riguardo?

Carl-Gustaf Nykvist con suo padre Sven Nykvist

Molto tempo fa vivevo nella città vecchia di Stoccolma. Il mio appartamento era vicino a un vecchio studio fotografico. Ho scoperto che Anna e Linnea vivevano lì alla fine dell’800. Da qui ho fantasticato su queste due donne e ho trovato la storia per il film. Il film è arrivato al concorso di Cannes, non molti film svedesi ci arrivano, e ovviamente ne sono stato molto orgoglioso. Non andavo d’accordo con l’operatore su come illuminare, così se n'è andato e ho chiamato Ulf Brantås, un amico, che ha salvato la fotografia del film. È stato lui a conquistare l’European Film Award. Abbiamo ottenuto buone recensioni e il film è stato venduto in molti paesi.

L'anno successivo esce Blankt Vapen (1990), un film in cui un giovane aiuta a trasportare illegalmente dalla Germania un'icona medievale che possiede poteri sovrannaturali. Nel cast c'è Harriet Andersson, una delle attrici abituali di Ingmar Bergman. Un film dalle tinte thriller?

Blankt vapen è un pezzo oscuro nella mia vita creativa e non ho ancora scoperto dove ho sbagliato e perché. Alcuni dicono che è stato un fallimento del produttore. Ero solo, ma la comunità cinematografica svedese era con me. Ma continuo a incolpare me stesso per non aver salvato il film al montaggio. Mi ero appassionato alla realizzazione di un film di gangster come L'amico americano di Wim Wenders, con Bruno Ganz e Dennis Hopper. Ero innamorato di quel tipo di film. Io e mia moglie aspettavamo il nostro secondo figlio durante le riprese ed è qualcosa che non consiglio ai giovani registi!

Dieci anni dopo è la volta del documentario dedicato a tuo padre, il leggendario cinematographer, vincitore di due Academy Awards, Sven Nykvist, intitolato Light Keeps Me Company (Ljuset håller mig sällskap, 2000) e girato in super 16 (Aaton). Perché è passato un decennio tra le due opere? Non hai diretto altri titoli?

Dopo tutte le recensioni negative che ho ricevuto per Blankt vapen mi sono bloccato ed è stato anche un errore, avrei dovuto tornare sul set. Ho avuto una possibilità con dei produttori danesi, ma non l'ho colta. Cosa di cui mi pentirò sempre. Ma ho fatto portanti spot pubblicitari per Volvo e Nike, negli Stati Uniti. Ho anche tenuto dei corsi di perfezionamento di cinema nelle Università.

Ricordiamo il documentario basato sulle memorie di tuo padre, Light Keeps me Company, con lo stesso Sven come narratore. Un viaggio nel luogo di nascita, Moheda, costituisce il fulcro del film e durante il viaggio emergono amici e ricordi. Tra coloro che appaiono sullo schermo ricordo Woody Allen, Ingmar Bergman, Max von Sydow, Roman Polanski, Mia Farrow e i cinematographers italiani Vittorio Storaro e Giuseppe Rotunno. Come ti è venuta l'idea di dedicare questo documentario a tuo padre

Ho deciso di fare il film quando a mio padre fu diagnosticata l’afasia. È stato fantastico vedere persone da tutto il mondo essere al nostro fianco per questo compito. Come produttori abbiamo deciso che tutte le entrate per il film sarebbero andate alla Fondazione in nome di mio padre. E che avremmo assegnato un premio per la fotografia cinematografica a giovani e promettenti cineasti.

Nella sua autobiografia Ingmar Bergman afferma: “A volte mi pento di aver smesso di fare film. È una cosa naturale e passa velocemente. Mi manca soprattutto la collaborazione di Sven Nykvist, forse perché entrambi siamo assolutamente affascinati dal problema della luce”. Che ricordi hai di Ingmar?

Sussurri e grida di Ingmar Bergman. Fotografia di Sven Nykvist

Ho molti ricordi di Ingmar. A volte è stato un rapporto difficile, a volte è stato ottimo. Aveva detto a mio padre che ero un regista di talento e mi ha incoraggiato a girare i miei film. Ho lavorato a Sinfonia d’autunno come assistente alla macchina da presa. E mi ha affidato una ripresa della seconda unità. Sentivo che credeva in me. Ma accadde, durante Fanny e Alexander, che trovai mia madre morta, si era suicidata. Ebbi un esaurimento nervoso e mio padre venne chiamato in ospedale. Ingmar impazzì e mise in difficoltà mio padre, quasi licenziandolo. È stato un modo crudele di gestire un'amicizia e una collaborazione di ventidue film insieme.

Giuseppe Rotunno, nelle nostre lunghe conversazioni, mi ha parlato spesso della stima e dell'amicizia che aveva per tuo padre. Hai ricordi di questo?

Sono stato orgoglioso e felice che Giuseppe Rotunno volesse partecipare al mio film su mio padre. E per me, da fan di Fellini, è stato molto emozionante incontrare questa grande leggenda.

Che padre è stato, Sven?

È stato fantastico! Abbiamo fatto così tanto insieme. Sono andato a vivere con lui a 15 anni. L'ho seguito in diversi set cinematografici in giro per il mondo. È stato anche il cinematographer dei miei spot pubblicitari. Era un uomo molto gentile, con tutti, indipendentemente dallo status. Mi mancano così tanto le nostre risate. Era molto generoso. Non gli importava se lo prendevo in giro con battute o scherzi. Mi mancano questi momenti felici.

È stato lui a trasmetterti la passione per il cinema?

In un certo senso ho scelto il cinema per ragioni più articolate. Guardando indietro, vorrei essermi specializzato in drammaturgia. Questo è quello che sto facendo adesso.

Al di fuori del suo lavoro, qual era la grande passione di tuo padre?

Vecchi casali da ristrutturare, e poi tennis, e ancora tennis.

Mi racconti un aneddoto che ha visto coinvolto tuo padre riguardo all'Italia?

Mio padre era a Roma durante la seconda guerra mondiale. Era il 1942, novembre. Era assistente alla camera e aveva 19 anni. Gli americani stavano bombardando Roma. Era seduto in un bunker con i compagni romani e la star svedese Viveka Lindfors, di cui era segretamente innamorato. Lei all'improvviso gli prese la mano, perché aveva paura del bombardamento, a quel punto a mio padre non importava nulla del bombardamento, era solo innamorato di questa adorabile donna. Deve essere stato un momento molto romantico nella vita di mio padre. Amore e pericolo sono spesso legati. Il primo film con Viveka è stato Nebbie sul mare, il direttore della fotografia era Vaclan Vich. Soggiornarono alla Pensione Nordica.

Otello Toso e Viveca Lindfors in Nebbie sul mare

Låt mig se (2012) è un docu-dramma basato su immagini del film Il sacrificio di Andrej Tarkovskij. Sven e Andrej si incontrano in una conversazione finale dove trovano insieme sollievo rispetto alla morte. Cosa puoi dirmi a riguardo?

Come figlio, ho i diritti su ogni fotogramma delle opere di mio padre. Quindi mi è venuta l'idea di fare un film sulla stretta relazione tra lui e Tarkovskij, sia come amici che in senso creativo. È stato molto triste che Andrej abbia espresso la sua tristezza per tutti i film a cui non hanno potuto lavorare insieme. Avevano così tanto da fare per realizzare ancora un grande cinema di poesia.

Il Göteborg International Film Festival ha introdotto un nuovo premio dalla sua edizione 2014, in memoria di tuo padre. Il premio è finanziato dalla Sven Nykvist Cinematography Foundation. Cosa puoi dirmi della Fondazione? Te ne occupi personalmente?

Sven Nykvist e Andrej Tarkovskij

Come dicevo, ho avviato parallelamente il progetto del doc Lights Keeps me Company e quello della Fondazione. Ora sono uno dei membri del consiglio, insieme ai rappresentanti dei produttori del film.

Proprio oggi ricorre il centenario di Sven (è nato il 3 dicembre 1922).Durante quest’anno come hai celebrato questo centenario?

Il Gothenburg Film Festival ha organizzato degli incontri su mio padre. E quest'estate siamo stati alla settimana di Bergman sull'isola di Fårö. Ho presentato lì il mio libro su mio padre e sulla mia vita cinematografica.

Di cosa ti occupi oggi? Dicevi che adesso il teatro è uno dei tuoi interessi.

Sono in pensione dal lavoro cinematografico, ma mi piace scrivere per il teatro. E’ una cosa che amo molto.

Una domanda che ti avranno rivolto centinaia di volte: quale film di tuo padre ami di più?

Il postino suona sempre due volte.

E lui? Quale dei suoi film amava particolarmente?

Penso che avesse nel cuore in modo particolare Sussurri e grida e Fanny e Alexander.