Melancholia

On the Hunt for Beauty. Conversation with Manuel Alberto Claro

On the Hunt for Beauty. Conversation with Manuel Alberto Claro

Manuel Alberto Claro (born in Santiago de Chile on 3 April 1970) is a Chilean-Danish cinematographer, filmmaker, and still photographer. He has won numerous awards, including four Robert Awards, two Bodil Awards, and the European Film Award. In 1974, he moved to Denmark and since that time lives in Copenhagen. Having graduated from the European Design Institute (IED), Milan, he studied Cinematography at the Danish National Film School. He is a member of the Danish Association of Cinematographers. The most important collaboration in his career is that with director Lars von Trier: Melancholia (2011), Nymphomaniac (2013) and The House That Jack Built (2018).

A caccia di bellezza. Conversazione con Manuel Alberto Claro

A caccia di bellezza. Conversazione con Manuel Alberto Claro

Manuel Alberto Claro (nato a Santiago del Cile il 3 aprile 1970) è un cinematographer, regista e fotografo cileno-danese. Ha vinto numerosi premi, tra cui quattro Robert Awards, due Bodil Awards e un European Film Awards. Nel 1974 si trasferisce in Danimarca, e da allora vive a Copenaghen. Dopo essersi diplomato all'Istituto Europeo di Design (IED), a Milano, ha studiato Cinematografia alla Danish National Film School. È membro della Associazione danese dei Cinematographers. La collaborazione più importante della sua carriera è quella con il regista Lars von Trier: Melancholia (2011), Nymphomaniac (2013) e The House That Jack Built (2018).

Il richiamo dell’ombra. Conversazione con Antonio Costa

Il richiamo dell’ombra. Conversazione con Antonio Costa

Antonio Costa (Feltre, 1942), saggista e storico del cinema. Ha insegnato Storia del cinema all’Università di Bologna dove ha diretto il Dipartimento di Musica e Spettacolo dal 1995 al 1998. Successivamente è passato all’Università IUAV di Venezia dove ha insegnato “Cinema e arti visive” presso la Facoltà di Arti e Design. A lungo impegnato nella ricerca teorica e storica, ha pubblicato numerosissimi studi sul cinema. Ha promosso e diretto il curriculum cinematografico del Dottorato di Ricerca in Discipline del Teatro e dello Spettacolo dell’Università di Bologna. In questo ambito ha fondato e diretto con Leonardo Quaresima la rivista «Fotogenia. Storie e teorie del cinema» (1994-1998) e la collana «Thesis» (edizioni Clueb). Lo intervistiamo sull’ultimo titolo pubblicato Il richiamo dell'ombra: il cinema e l'altro volto del visibile, Feltrinelli 2021.

L’amore come eschaton laico (seconda parte). Il Cristo nascosto

L’amore come eschaton laico (seconda parte). Il Cristo nascosto

Nei precedenti articoli, applicando al cinema di fantascienza il modello di analisi proposto da La fine del mondo di De Martino per le apocalissi culturali, siamo partiti dai disaster movies di Roland Emmerich, che nel loro sottotesto rivelano ampie influenze dell’apocalittica cristiana, attraversando poi una serie di altri registi dall’immaginario post-apocalittico fino ad arrivare a Melancholia di Lars von Trier, apocalisse omnidistruttiva e atea; dal finale di Melancholia siamo poi ripartiti per mostrare come alcuni dei più recenti film che rappresentavano un mondo prossimo alla fine indicassero in un amore laico, famigliare o di coppia, l’ultima difesa contro l’apocalisse incombente. A questo punto vale la pena di rispolverare due delle più significative saghe di fantascienza degli anni ‘80-’90, che si relazionavano con la prospettiva dell’Apocalisse da un’ottica piuttosto particolare. La saga di Alien, iniziata nel 1979 con il capolavoro di Ridley Scott, racconta di gruppi di esseri umani che, vagando nello spazio, entrano in contatto con una specie aliena ferina e letale, gli xenomorfi. Se gli xenomorfi arrivassero sulla terra spazzerebbero via rapidamente ogni altra forma di vita; capeggiati nei primi quattro film della saga dall’iconico personaggio di Ellen Ripley (Sigourney Weaver), gli umani devono allora ad ogni costo tenerli lontani dalla Terra, combattendo, parallelamente, anche le corporazioni

L’amore come eschaton laico (prima parte). Solo gli amanti sopravvivono

L’amore  come  eschaton  laico  (prima  parte).  Solo  gli  amanti  sopravvivono

La nausea o la noia o l'assurdo o l'incomunicabilità, la catastrofe della figura o della melodia a noi interessa soltanto come clinici della cultura, che intendono partecipare a un consulto decisivo. Senza dubbio non si tratta della concezione oggettivistica della malattia, che da una parte pone il medico sano e, dall'altra, il malato: qui il medico che lotta contro il morbo lo deve vincere prima di tutto in se stesso.

Ernesto De Martino, La fine del mondo, cap. V

Per il legame inestricabile che nella cultura occidentale si è venuto a formare fra Apocalisse e fede religiosa in un eschaton positivo (ma anche fra Apocalisse e condanna degli ingiusti, Apocalisse come castigo quindi), è inevitabile che gran parte dei film apocalittici contengano tematiche di fede, sia pure come meri accenni o semplici sottotrame. Abbiamo già parlato della tematica scritturale che avvolge tutto Codice: Genesi. Anche Io sono leggenda di Will Smith, di pochi anni anteriore, mostrava due degli ultimi sopravvissuti della razza umana litigare sul fatto che Dio esistesse o no; nel romanzo Cell di Stephen King, subito dopo che un misterioso segnale trasmesso dai telefonini ha trasformato gran parte dell’umanità in zombie, i tre protagonisti in fuga da Boston hanno uno scontro prima verbale e poi addirittura fisico con una testimone di Geova che li accusava di fornicazione e che vede tutta l’epidemia zombie come un castigo divino contro l’aborto legalizzato.