Après moi le déluge. Melancholia di Lars von Trier e l’apocalittica psicopatologica

Après moi le déluge. Melancholia di Lars von Trier e l’apocalittica psicopatologica

La crisi nelle arti dell’occidente è crisi nella misura in cui la rottura con un piano teologico della storia e con il senso che ne derivava (piano della provvidenza, piano dell’evoluzione, piano dialettico dell’idea) diventa non già stimolo per un nuovo sforzo di discesa nel caos e di anabasi verso l’ordine, ma caduta negli inferi, senza ritorno, e idoleggiamento del contingente, del privo di senso, del relativo, dell’irrelato, dell’incomunicabile, del solipsistico… Sussiste il pericolo, nell’attuale congiuntura culturale, di molte catabasi senza anabasi: e questo è certamente malattia.

Ernesto De Martino, La fine del mondo, cap. V

Una donna affetta da depressione manda all’aria il suo matrimonio il giorno stesso delle nozze. Pochi mesi dopo un pianeta gigantesco si scontra con la Terra distruggendo ogni forma di vita, se non il pianeta stesso. Questa è, in una sintesi estrema ma fedele, la trama di Melancholia di Lars von Trier, presentato con non poco clamore al Festival di Cannes 2011, e dove la sua protagonista Kirsten Dunst ha vinto il Prix d'interprétation féminine.

Capitolo centrale della cosiddetta “Trilogia della depressione” del regista danese, Melancholia è allo stesso tempo una riflessione molto attenta e personale sulla depressione e una rappresentazione poetica e orgogliosamente anti-scientifica della fine del mondo. Lo spunto per Trier nacque da una seduta di psicoterapia a seguito di uno dei numerosi episodi depressivi di cui il regista ha fatto esperienza nel corso della vita; in quell’occasione il suo terapeuta gli aveva detto che in situazioni di pericolo le persone affette da depressione reagiscono in un modo più calmo e “razionale” perché pensano in partenza che tutto andrà nel peggiore dei modi. L’idea di questo rovesciamento dei ruoli confluì poi, complice il dilagare sul web di teorie apocalittiche all’avvicinarsi del fatidico 2012, in una storia divisa in due parti: il primo atto, intitolato Justine, dal nome della protagonista, mostra la festa per il matrimonio fra Justine e Michael, che lei rovina isolandosi in camera, rifiutandosi di avere rapporti con il neomarito e facendo sesso infine con un ragazzo a caso; basta questa serata a distruggere il suo matrimonio e a farle perdere il lavoro. Il secondo atto è intitolato Claire, dal nome della sorella della protagonista, interpretata da Charlotte Gainsbourg; mostra Justine, Claire, il figlio e il marito di quest’ultima prepararsi a vedere il passaggio davanti alla Terra del pianeta errante Melancholia, che però all’ultimo – come predetto da Justine – cambia la sua rotta dirigendosi contro il nostro pianeta.

Umanità come presenza. L'immaginario post-apocalittico

Umanità come presenza. L'immaginario post-apocalittico

Dopo il primo articolo Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche. L’escatologia di Roland Emmerich, prosegue la serie di Ludovico Cantisani sul tema dell’Apocalisse nel cinema contemporaneo. L'analisi prende spunto da La fine del mondo di Ernesto De Martino e dalla differenza da lui posta tra apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche.


L’
esserci come esser-nel-mondo rimanda alla vera condizione trascendentale del doverci essere. L’uomo è sempre dentro l’esigenza del trascendere, e nei modi distinti di questo trascendere l’esistenza umana si costituisce e si trova come presenza al mondo, esperisce situazioni e compiti, fonda l’ordine culturale, ne partecipa e lo modifica. Linguaggio, vita politica, vita morale, arte e scienza, filosofia, simbolismo mitico-rituale procedono da questo ethos: l'antropologia non è che la presa di coscienza sistematica di questo ethos, la determinazione dei distinti modi del suo manifestarsi storico.

Ernesto De Martino, La fine del mondo, cap. 2

Una questione di luce. Ricordando Alfio Contini

                                                                                                                                                         Una questione di luce. Ricordando Alfio Contini

Ci ha lasciato Alfio Contini, tra i maggiori autori della cinematografia del nostro cinema: con lui se ne va un altro prezioso tassello della nostra storia culturale. Indiscusso anticipatore dello stile fotografico moderno applicato alla settima arte, Contini ha illuminato pellicole che si sono rivelate grandi successi di critica e di pubblico. Nella storia di quel processo creativo che è la fotografia cinematografica, occupa un posto di rilievo, fin dagli inizi, quando incomincia a muovere i primi passi nell’Italia del Neorealismo, quando a seguire attraversa gli anni della dolce vita e del boom economico, quando illumina dapprima la commedia cosiddetta “all’italiana” e poi un cinema decisamente meno leggero e più impegnato, e quando infine partecipa a una nuova stagione della commedia. Fedele collaboratore di Dino Risi, con il quale gira sette pellicole, tra le quali Il sorpasso, uno dei capolavori indiscussi del cinema italiano, Contini sembra a proprio agio nel cinema brillante, ma non tralascia incursioni nel cinema più esplicitamente d’autore. Collabora per esempio con Liliana Cavani, in film come Galileo e Il portiere di notte, Vittorio De Sica ne I girasoli, Michelangelo Antonioni, per Zabriskie Point e Al di là delle nuvole, fino a cimentarsi con il teatro classico con la trasposizione cinematografica di The Trojan Women del greco Michael Cacoyannis. Da ricordare il sodalizio con Adriano Celentano, con il quale gira, tra i tanti, il musical Yuppi du, film di grande successo.

Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche. L’escatologia di Roland Emmerich

Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche. L’escatologia di Roland Emmerich

È di recente pubblicazione per Einaudi la nuova edizione del saggio La fine del mondo di Ernesto De Martino. Come ogni studioso ed ogni appassionato di antropologia sa, La fine del mondo è un capitolo per così dire “maledetto” della produzione bibliografica del nostro antropologo più fecondo: iniziato nei primi anni ’60, annunciato nel 1964 in un articolo nella rivista «Nuovi argomenti» con il titolo di Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche, il saggio restò incompiuto a causa della prematura morte di De Martino nel 1965. Pochi mesi dopo la sua scomparsa iniziò fra i suoi collaboratori un intenso lavoro di catalogazione dei frammenti del saggio, che dopo parecchie vicissitudini vide la luce nel 1977, a cura dell’allieva Clara Gallini. Gli inevitabili limiti di questa prima edizione hanno spinto Giordana Charuty, Daniel Fabre e Marcello Massenzio a rimettere mano all’immenso archivio De Martino, realizzando una seconda e più efficace edizione di questa incompiuta opera-mondo che è uscita in Francia nel 2016 e in Italia lo scorso autunno. Complice la situazione attuale creata dal Coronavirus, la lettura de La fine del mondo nella sua nuova, brillante edizione mi ha portato a concepire l’idea di un viaggio a puntate attraverso le varie apocalissi cinematografiche, da Roland Emmerich ad Andrej Tarkovskij, passando per Lars von Trier e molti altri.

Tragedia per sottrazione. Conversazione con Andrea Pallaoro

Tragedia per sottrazione. Conversazione con Andrea Pallaoro

Andrea Pallaoro, nato a Trento nel 1982, vive stabilmente in America da vent’anni. Formatosi al California Institute of Arts, nel 2013 ha presentato la sua opera prima, il dramma rurale Medeas, alla sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia. Quattro anni dopo tornava a Venezia con Hannah, una coproduzione europea che ha fruttato alla sua protagonista Charlotte Rampling la Coppa Volpi. È attualmente in preparazione il suo terzo film, Monica, su una donna transessuale che va a fare visita alla madre morente dopo trentacinque anni di assenza. Tra i registi più interessanti in circolazione, Pallaoro sembra uno dei pochi che ancora si sforzi di portare avanti una riflessione teorica e artistica sul cinema, sulla sua sintassi e sui modi originali ed efficaci di cambiarne le regole. Medeas e Hannah sono esperienze emotive uniche, calibratissime, in cui la tragedia che i protagonisti affrontano si "spalma" lungo tutto il corpo dell'opera attraverso una narrazione ipnotica e palpitante.

La comunità umana vent’anni dopo: "Festa" di Franco Piavoli

La comunità umana vent’anni dopo: "Festa" di Franco Piavoli

In occasione del lancio di Festa di Franco Piavoli sulla piattaforma per il cinema indipendente Indiecinema, della quale Artdigiland è partner, pubblichiamo un estratto del nostro volume in uscita sul Maestro. Il libro, di Filippo Schillaci, sarà presentato nella seconda metà di aprile presso la Casa del Cinema di Roma (data da definire), in un evento in collaborazione con CSC - Cineteca Nazionale che ci permetterà di rivedere insieme Il pianeta azzurro. In fondo al testo un’offerta per chi vorrà preacquistare il libro.

Come un sasso in uno stagno. Conversazione con Luca Gorreri

Come un sasso in uno stagno. Conversazione con Luca Gorreri

Artdigiland è partner di Indiecinema.it, la piattaforma on line per il cinema indipendente. In occasione del lancio sulla piattaforma del film di Luca Gorreri Sassi nello stagno e della serata di presentazione alla presenza dell’autore, a Roma, il 6 febbraio 2020, intervistiamo Luca sulla sua avventura cinematografica. Gorreri nasce a Parma il 21 dicembre 1970. Racconta che fin da piccolo dimostra una predilezione per le immagini e una spiccata introversione che gli complicheranno la vita ma svilupperanno una passione per il cinema. Da ragazzo aiuta il padre a riprendere matrimoni e cerimonie imparando ad usare le prime videocamere e sfrutta queste competenze per realizzare insieme ad amici alcuni film amatoriali. Frequenta i corsi della Scuola di Cinema Mohole di Milano, effettua riprese di eventi, concerti e per videoclip, ma la strada che desidera percorrere è quella del documentario. Adora i film sperimentali e la nouvelle vague: Godard, Truffaut, Bressane. Ama le figure dei "perdenti", animati da passioni inestinguibili, come Ed Wood. Tra i suoi amori anche la fantascienza anni '50 e i fumetti, soprattutto Magnus e Jack Kirby. È per le visioni insolite e particolari. Sassi nello stagno è la sua opera prima (soggetto, regia, produzione).
I dettagli per la partecipazione alla serata del 6 febbraio al Caffè letterario li trovate
qui.

La poesia è un corpo vivente. Conversazione con Alessandro Negrini

La poesia è un corpo vivente. Conversazione con Alessandro Negrini

In collaborazione con Ruairi Conneely. L’intervista è stata registrata a Dublino, grazie a Writers’ Garage. La foto di Alessandro Negrini è di Simone Paccini. Artdigiland è partner di Indiecinema, la prima piattaforma italiana per il cinema indipendente. Giovedì 30 gennaio a Roma (Caffè Letterario, via Ostiense 95), a partire dalle 19.30, serata Indiecinema in occasione del lancio sulla piattaforma di Tides - Maree di Alessandro Negrini, film che, tra gli altri premi, ha ottenuto a Londra il Gold Movie Awards per il documentario. Dopo la proiezione, incontro con il regista moderato da Silvia Tarquini. Invitandovi a scoprire questo film e il suo autore, anticipiamo in questa intervista alcuni temi della serata.

Cinema delle cose dimenticate. Conversazione con Giuseppe Carrieri

Cinema delle cose dimenticate. Conversazione con Giuseppe Carrieri

Giuseppe Carrieri (Napoli, 1985) si definisce «regista, docente universitario, un po’ esploratore». Attratto dall'umanità dimenticata e dai paesaggi nascosti, coltiva nel cinema della realtà la sua principale forma di espressione. Nel 2013, con In Utero Srebrenica, racconta le madri bosniache alla ricerca delle ossa dei propri figli vent'anni dopo il genocidio, guadagnando la nomination al David di Donatello e numerosi premi internazionali. Nel 2017, con Hanaa, ci parla dei matrimoni precoci attraverso un film-viaggio che si muove fra India, Siria, Perù e Nigeria). Le Metamorfosi, presentato lo scorso anno alla Festa del Cinema di Roma, è il suo primo esperimento di docu-fiaba, girato nella sua città d'origine, Napoli. Dal 2018 è docente del Laboratorio Avanzato di Regia Cinematografica dell'Università IULM di Milano e collabora con diverse emittenti televisive nazionali e internazionali. (Intervista di Ludovico Cantisani)

Nasce la piattaforma Indiecinema. Conversazione con Fabio Del Greco sul cinema d'essai in streaming

Nasce la piattaforma Indiecinema. Conversazione con Fabio Del Greco sul cinema d'essai in streaming

Anche in Italia finalmente qualcosa si muove sul fronte delle piattaforme digitali per il cinema indipendente. Mentre Adriano Aprà annuncia, nel convegno Fuorinorma del 14 dicembre 2019, uno sbocco digitale per la sua selezione di opere neosperimentali, è già in azione la piattaforma Indiecinema.it. Abbiamo incontrato il fondatore Fabio Del Greco per conoscere le caratteristiche di questo nuovo soggetto distributivo.

A VR Movie to Rethink Matera

A VR Movie to Rethink Matera

The womb of Matera hosts the extraordinary triptych Lucania ’61 by Carlo Levi, containing many of the values that, now just as formerly, characterise Basilicata and its people. Essentially, this means frugality, slowness, attachment to the land and environment that make Matera today not only a landmark of “lucanità”, of the South and the Mediterranean, but a prototype of an ecological town, in which the archetype finally merges with modernity. The Piedmontese intellectual achieved this monumental work for the one-hundredth anniversary of the Italian Unification, dedicating it to the Lucanian poet Rocco Scotellaro to honour their mutual profound esteem. Scotellaro, in the first picture on the right, harangues the crowd of peasants on the square of Tricarico with its usual momentum of active citizens, in order to praise that new cultural dawn for the Lucanians, which today finds its turning point in Matera European Capital of Culture 2019. This allows the town to shake off the unpleasant label of “national shame” (quoted Palmiro Togliatti, 1948) and open with resilience to a new destiny and a new identity. Lucania ’61 is consequently the best “anthropological film” that speaks of us, people of the South: a work in which the utopian figure of the town crier-poet, the citizen-mayor, is sculpted, inciting his fellows toward progress and the emancipation of the “last”, with the force of words and ideas, as weighty as millstones in the great vice of “choral autism” that all too often oppresses the Italian South. It was Levi and Scotellaro: they were the flames that inspired the MaTerre project carried out by Rete Cinema Basilicata co-designed with the Matera Basilicata 2019 Foundation and numerous other local, national and international partners.

Un film in VR per ripensare Matera

Un film in VR per ripensare Matera

Nel ventre di Matera dimora lo straordinario trittico Lucania ’61 di Carlo Levi nel quale sono racchiusi molti dei valori che, oggi come ieri, caratterizzano la Basilicata e la sua gente. Parliamo essenzialmente di frugalità, lentezza, appartenenza alla propria terra e al proprio ambiente, che fanno oggi di Matera non solo un landmark della “lucanità”, del Sud e del Mediterraneo ma un prototipo di città ecologica dove l’archetipo va finalmente a nozze con la modernità. L’intellettuale piemontese realizzò la monumentale opera in occasione del centenario dell’Unità d’Italia dedicandola al poeta lucano Rocco Scotellaro in onore della profonda stima che li legava. Scotellaro, nella prima tavola del dipinto, arringa la folla di contadini nella piazza di Tricarico con il suo abituale impeto di cittadinanza attiva per inneggiare quella nuova alba culturale per i Lucani che ha trovato oggi snodo cruciale in Matera Capitale Europea della Cultura 2019, con la quale la città si scrolla di dosso la scomoda etichetta di “vergogna nazionale” (cit. Palmiro Togliatti, 1948) per aprirsi resilientemente a nuovi destini e nuove identità. Lucania ’61 è pertanto il più bel “film antropologico” che ci parla di noi, gente del Sud, un’opera in cui in un tempo scolpito si erge la figura utopica di un banditore poeta, il Sindaco-contadino, che incitando i suoi conterranei cerca il progresso e l’emancipazione degli “ultimi” con la forza della parola e delle idee, pesanti come macigni nel grande vizio di ”autismo corale” che troppo spesso grava sul Mezzogiorno italiano. Sono stati proprio loro, Levi e Scotellaro, i fuochi che hanno ispirato il progetto MaTerre realizzato da Rete Cinema Basilicata in coprogettazione con la Fondazione Matera-Basilicata 2019 e numerosi altri partner locali, nazionali ed internazionali.

Tundra fertile. Conversazione con Federico Mattioni

Tundra fertile. Conversazione con Federico Mattioni

Federico Mattioni (Vetralla, VT, 1981) è un regista indipendente italiano. Laureato al DAMS di Tor Vergata, dopo una lunga serie di cortometraggi, più volte sviluppati nell’ambito del festival Cinemadamare, ha realizzato i suoi primi due lungometraggi, Dalle parti di Astrid (2016) e Tundra (2019), rimanendo fedele alla dimensione dell’indie e alla componente personale e immaginativa che aveva caratterizzato i suoi lavori precedenti. Questa intervista prende spunto dalla sua prima “personale”, un ciclo di proiezioni di quattordici cortometraggi e del film Tundra che ha avuto luogo in ottobre 2019 al Teatro Flavio di Roma e dall’occasione del casting per il suo nuovo progetto, Breve idillio.

Nascita di un post-realista. Conversazione con Ludovico Cantisani

Nascita di un post-realista. Conversazione con Ludovico Cantisani

Ludovico Cantisani, nato a Roma nel 2001 da una famiglia di origine meridionale, ha scritto, diretto e prodotto il cortometraggio Penelopes, liberamente ispirato all’Ulisse di Joyce e patrocinato dall’Italian James Joyce Foundation. Partito sulla piattaforma di crowdfunding Ulule come corto a basso budget, Penelopes vanta la partecipazione del direttore della fotografia di Luciano Tovoli. Il film ha avuto la sua première a Terre di Cinema, a Catania, campus cinematografico diretto da Vincenzo Condorelli, ricco di eventi, anteprime e masterclass. 

SEGNALIAMO CHE E’ IN CORSO IL PROSSIMO PROGETTO PER “BILOGIA DELL’URLO“: https://www.produzionidalbasso.com/project/bilogia-dell-urlo-tovoli-la-torre-cantisani/

Mother Fortress. Intervista a Maria Luisa Forenza

Mother Fortress. Intervista a Maria Luisa Forenza

Incontriamo Maria Luisa Forenza. Laureata in Lingue e letterature straniere, si diploma in Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia, a Roma, con Duetto, tratto dai Racconti romani di Alberto Moravia, interpretato da Giulio Brogi. Assistente per Dino Risi, Francesco Maselli, Giancarlo Sepe, dopo una scholarship alla Academy of Arts di Belgrado con il regista serbo Dusan Makavejev, si dedica prevalentemente a documentari dal taglio storico-sociale, girati in Italia e all’estero, con produzione e distribuzione Rai, Rai-Trade, History Channel (Usa-Uk), Netflix. Fra questi: Guatemala Nunca Mas (con Rigoberta Menchù), Mussolini: l’ultima verità, Albino Pierro: inchiesta su un poeta, da cui nasce uno spettacolo teatrale multilingue con Agneta Eckmanner, in scena a Roma e Stoccolma.

Concepito a San Francisco, presentato e premiato con la Menzione Speciale dal Tertio Millennio Film Festival, Mother Fortress è l’ultimo risultato di questo percorso. Ci è sembrata un’operazione dallo spessore antonioniano, una riflessione sul male e sul bene intesi in senso metafisico, indagati nel loro mistero con un linguaggio autentico e potente, un road movie nella luce mediterranea, colta con splendida fotografia sia nella sua spettacolare potenza sia nella penombra di un luogo mistico come un Monastero.

Guarda il trailer

Mother Fortress. Interview with Maria Luisa Forenza

Mother Fortress. Interview with Maria Luisa Forenza

We meet Maria Luisa Forenza. She graduated in Foreign Languages and Literatures, in Directing at the Experimental Center of Cinematography-Rome, with Duetto, based on Alberto Moravia's “Roman Tales”, played by Giulio Brogi. Assistant to Dino Risi, Francesco Maselli, Giancarlo Sepe, after a scholarship at the Academy of Arts in Belgrade with the Serbian director Dusan Makavejev, she mainly dedicates herself to documentaries with a historical-social slant, shot in Italy and abroad, with production and distribution Rai, Rai-Trade, History Channel (Usa-Uk), Netflix. Among these: Guatemala Nunca Mas (with Rigoberta Menchù), Mussolini: the last truth, Albino Pierro: investigation of a poet (from which a multilingual theatrical show with Agneta Eckmanner, staged in Rome and Stockholm). Conceived in San Francisco, presented and awarded for Special Mention and Best Documentary in Film Festivals, Mother Fortress is the latest result of this cinematographical journey. It seemed to us an operation as for Antonioni’s depth, a reflection on evil and good understood in a metaphysical sense, investigated in their mystery with an authentic and powerful language, a road movie in the Mediterranean light, captured with splendid photography both in its spectacular power and in the dim light of a mystical place like a monastery.

La luce come compagna, by Giuseppe Pinori

La luce come compagna, by Giuseppe Pinori

Artdigiland edizioni is proud to present – in the context of Microsalon Italia 2019, organised at Cinecittà by AIC - Autori Italiani della Cinematografia – Giuseppe Pinori’s book  La luce come compagna. Viaggi, incontri, miracoli di un autore della cinematografia. The presentation will take place on Saturday, 23 March at 11.30 a.m. at Cinecittà’s Teatro 1, in the presence of the author Giuseppe Pinori, Roberto Cicutto, Chairman of Cinecittà Luce, who has written the preface, the publisher Silvia Tarquini and publishing associate Caterina Sabato. The encounter will be introduced and chaired by Luciano Tovoli, as Chairman of AIC.

IL MONDO VIVENTE Eugène Green Retrospective

IL MONDO VIVENTE Eugène Green Retrospective

With the launch of the volume Il Mondo Vivente – Conversazione con Eugène Green, edited by Federico Francioni, edizioni Artdigiland is sponsoring in Rome, in the presence of Eugène Green, a retrospective of his films, with the collaboration of Casa del Cinema, Palazzo delle Esposizioni – Bookshop, Apollo 11, Cineclub Detour, Libreria Stendhal.

From March 19-23, a series of encounters will allow the public to meet Eugène Green and get to know his early films and his literary production. Film-maker and writer, belonging ideally to that particular movement defined as “transcendental” by Paul Schrader, Green approached the cinema at the age of fifty, after many years devoted to the revival of baroque theatre traditions in France, on which he is one of the leading experts.

His first film, Toutes les Nuits, won the Delluc Award for a first work in 2001, also winning the appreciation of the French master Jean-Luc Godard. His works have been presented at major international cinema festivals (Cannes, Berlin, Locarno, Rotterdam, Turin). Fundamental to familiarity with his work in Italy was the Turin Film Festival, which devoted a complete retrospective to him in 2014, edited by Massimo Causo and Roberto Manassero. In Rome, however, his films are still largely unknown.

Green is also the author of several novels, some published by Gallimard (La bataille de Roncevaux; La communauté universelle; Les atticistes), and important essays on baroque theatre (Le parole baroque, Desclée de Brouwer) and on the nature of cinematography (Poétique di cinématographe, Artes Sud).

The book and the retrospective show will be presented on March 19at 4 p.m. in the library of Palazzo delle Esposizioni, launching a series of encounters and showings over the following days at various cinemas and cultural venues in Rome.

Su Roma di Alfonso Cuaron

Su Roma di Alfonso Cuaron

Mi è difficile uscire dalla commozione per Roma di Cuaron. Un film straordinario. Straordinario da molti, da tutti i punti di vista. Pura arte visiva, insieme cinema neorealista e contemporaneo, anzi futuro. L’inquadratura iniziale, sui titoli, è una dichiarazione di poetica, il particolare di un pavimento, un pavimento che si fa mondo, mondo di suoni anche, mondo bagnato dall’acqua, una struttura narrativa fatta di onde, l’acqua che si fa sporca (shit happens …), il riflesso di un aereo che si fa epoca e Storia, un tempo più vasto, uno spazio più vasto, l’apertura in alto del cortile.. ancora qualcosa in più, il cielo, c’era sempre stato ma non lo vedevamo…

Migrazioni, memoria, utopia, omaggio a Marc Scialom

Migrazioni, memoria, utopia, omaggio a Marc Scialom

In occasione dell’uscita del volume di racconti Pourquoi ? Conte avec mort inopinée de son auteur, edizioni Artdigiland promuove, alla presenza dell’autore, Migrazioni, Memoria, Utopia. Omaggio a Marc Scialom, manifestazione di cinema, letteratura e coscienza civile realizzata in collaborazione con AAMOD - Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, festival I Milleocchi, Institut français Italia, libreria Stendhal, Apollo 11 e cineclub Detour. Dal 14 al 21 settembre, una serie di appuntamenti permetterà al pubblico romano – con una puntata a Trieste per I Milleocchi – di incontrare Marc Scialom e di conoscere il suo cinema e la sua produzione letteraria. Scrittore, cineasta, traduttore francese della Divina Commedia di Dante, residente oggi ad Avignone, Scialom è autore di due lungometraggi: Lettre à la prison (1969) e Nuit sur la mer (2012) che trattano, in maniera soggettiva e poetica, i temi dell’identità culturale dei migranti, delle derive del post colonialismo e del razzismo sotterraneo o esplicito, toccando l’aspetto della vulnerabilità della donna in tali contesti. Il 20 settembre all’Apollo 11, nell’ambito dell’incontro con l’autore, sarà presentato il libro Impasse du cinéma. Esilio, memoria, utopia, curato da Mila Lazic e Silvia Tarquini, che ricostruisce la complessa vicenda biografica e artistisca di questo prezioso autore ancora troppo poco conosciuto.